Due fazioni si fronteggiano oggi sulla scena pubblica, i pro vax e i no vax. A vario titolo, pare che ognuna di esse abbia la verità in tasca, come se la verità uscisse da un biscotto della fortuna.
Senza entrare nel merito delle motivazioni (per quello basta scrollare qualsiasi feed dei social), è evidente che uno degli elementi di maggior peso in questa contesa è legato all’informazione, e in particolare ad alcuni processi di comunicazione.
Sia chiaro, una comunità per sopravvivere deve affidarsi alle strategie più sicure per tutelare la salute di tutti, e ad oggi non esistono valide alternative alla scienza. Questo è innegabile.
Come può succedere, allora, che si creino gruppi di persone che, pur non avendo alcuna competenza in materia, si organizzano per ostacolare con tanta veemenza il piano vaccinale? Come è possibile che persone malate e in procinto di essere intubate riferiscano ai medici di voler comunque rifiutare il vaccino? Come si può manifestare a squarciagola che il Green Pass sia l’equivalente della Shoa?
È il paradosso della viralità. La psicologia sociale ci viene in aiuto per comprendere questi fenomeni, che sono legati più alla comunicazione, alle relazioni e alle dinamiche di gruppo che non alla medicina. Ciò che accade, in sostanza, è che tante persone muovono da un’idea diffusa molto forte che trova terreno fertile nelle loro menti, e da queste si propaga in altre menti attraverso vari canali, soprattutto i social network.
È l’idea meme teorizzata dall’etologo e biologo Richard Dawkins nel suo saggio Il gene egoista. Secondo Dawkins, il processo di diffusione di un’idea meme è molto simile al processo di diffusione dei virus veri e propri. La differenza è che il meme si muove in un ambiente culturale, e il virus in un ambiente biologico. Il terreno vitale dei virus è la cellula, mentre quello delle idee meme è la mente. Sia i virus biologici che le idee meme hanno una propria autonomia, ed entrambi vivono al solo fine di replicarsi.
Da qui il primo paradosso. Alcuni individui portano avanti teorie senza fondamento scientifico, sulla base di un processo passivo che ha le stesse caratteristiche di diffusione del pericolo che si prestano a fronteggiare.
Morire per un’idea, cantava De Andrè con un delicato sottotesto di verità. Anche l’idea meme può essere infatti inoculata per fini contrari alla sopravvivenza dell’uomo. Si pensi ai kamikaze: l’idea che possano esistere sette vergini ad aspettarli nell’aldilà è talmente potente che supera anche il loro istinto di sopravvivenza. Vi ricorda qualcosa?
Il nodo della questione è che il complottismo, le comunicazioni distorte e le fake news sono divulgate ad arte e non nascono spontaneamente.
Esistono diversi opinion leader e trend setter che hanno creato delle fanbase enormi. Questi diffondono teorie non verificate, che cominciano a rimbalzare sui social a macchia d’olio, invadendo le menti di quegli individui che sono più predisposti ad accoglierle. Si stima che queste personalità, circa dodici nel mondo (tra cui Robert Kennedy Jr, nipote di John), riescano a generare il 65% della disinformazione su scala mondiale.
L’osteopata Joseph Morecola, per citarne uno, ha iniziato tempo fa a diffondere notizie bizzarre, ad esempio che i materassi a molle siano radioattivi e i lettini abbronzanti curino il cancro. Ha raccolto intorno a sé un vero e proprio esercito di adepti, che lo sostiene e compra a caro prezzo i suoi libri e le sue alternative omeopatiche alla medicina, oltre a costituire un bacino di risonanza in grado di veicolare i suoi contenuti in tutti gli angoli della terra. Diffondendo queste teorie, Morecola ha tirato su un gruzzoletto di 100 milioni di dollari. Ovviamente adesso è il re dei no vax negli Stati Uniti, e uno dei primi trender al mondo per diffusione di fake news riguardanti il vaccino anti Covid-19.
E qui siamo di fronte al secondo paradosso: il complottista è egli stesso vittima di un complotto. A parte casi sporadici e perlopiù locali, le fake news e i complottismi sono infatti sempre legati a un qualche interesse economico, all’acquisizione di consenso politico, oppure al consolidarsi del potere di lobby e multinazionali.
Le alternative e le contromisure ad oggi sono davvero esili e inefficaci. Dubbi e preoccupazioni sono legittimi, ma solo il rigore scientifico potrà darci delle risposte plausibili: non solo nel campo della medicina, ma anche in quello mediatico.
Noi tutti dobbiamo attivarci per favorire un’alfabetizzazione digitale critica e consapevole. Grazie ai nuovi canali di comunicazione e a fenomeni come la memetica, oggi manipolare la mente delle persone è diventato molto semplice per coloro che sanno padroneggiare le tecniche di persuasione legate alla comunicazione, ed in particolare quelle della comunicazione digitale.
Da parte loro, governi e aziende hanno il dovere di regolamentare le prassi legate alla comunicazione di massa. Altrimenti, tante persone continueranno a cercare le verità nei biscotti della fortuna…
(Articolo pubblicato sul quotidiano L’Inchiesta il 2 settembre 2021).